L’assuefazione è un narcotico potentissimo, i problemi personali e collettivi diventano parte integrante del vissuto quotidiano e così escono dall’orbita della coscienza, diventano quasi un fenomeno naturale sul cui funzionamento è impossibile intervenire per produrre una modifica dello stato di cose esistenti.
Napoli ha un elenco infinito di questioni narcotizzate, alcune forse conservate nella naftalina, ed una di queste è quella del quartiere Vasto, uscito recentemente dal letargo mediatico.
Per svegliare i cronisti delle testate giornalistiche locali e l’attenzione dell’opinione pubblica è stato necessario che la tensione tra residenti ed extracomunitari arrivasse ai livelli non più sostenibili delle ultime settimane, che diventassero sempre più frequenti le reazioni e le aggressioni agli appartenenti alle forze di polizia, agli agenti di Polizia Locale, in particolare alle donne in divisa.
C’è stato bisogno che i nostri colleghi finissero più volte in ospedale perché si tornasse a discutere, almeno sulla stampa, di un quartiere che ha nel suo ventre una bomba pronta ad esplodere.
Nei giorni scorsi, in occasione dell’ulteriore grido di allarme lanciato al Prefetto e al Sindaco, abbiamo recuperato dai nostri archivi i documenti prodotti dalla nostra organizzazione sindacale negli ultimi dieci anni.
Abbiamo verificato, in verità senza troppa sorpresa, quanto le criticità che oggi si stanno manifestando in tutta la loro drammaticità fossero presenti e consolidate già da tempo, e quanto l’insofferenza dei residenti covasse in modo silenzioso sotto la complice indifferenza delle istituzioni.
Oggi siamo probabilmente giunti al punto di non ritorno, un punto nel quale convergono tutte le condizioni funzionali a far sviluppare un incendio sociale dalle conseguenze imprevedibili.
Lo abbiamo scritto su queste pagine in un recente intervento sul tema dell’immigrazione e lo ribadiamo ancora una volta come premessa ad ogni ulteriore ragionamento: noi siamo favorevoli all’accoglienza, all’integrazione, e lo siamo sia sul piano etico che da un punto di vista identitario, ovvero in quanto cittadini di Napoli, una terra che ha sempre aperto le sue porte e adottato donne ed uomini di tutte le razze e di tutte le religioni.
Napoli non ha nessuna lezione da apprendere su questo punto da nessun’altra città al mondo, siamo stati e continuiamo ad essere i primi della classe.
Ma è proprio per questo motivo, per le tradizioni che fanno di Napoli una città felicemente multietnica, che quanto si è determinato al Vasto costituisce una ferita aperta, una offesa, un pugno in faccia per ogni autentico napoletano.
Quella non è accoglienza, non è integrazione, casomai costituisce la negazione assoluta di quei valori.
Accogliere vuol dire determinare le condizioni affinché coloro che vengono accolti abbiano la possibilità reale di vivere in modo dignitoso nel contesto urbano nel quale vengono integrati, mantenendosi onestamente col proprio lavoro e contribuendo in questo modo alla crescita economica e culturale collettiva.
Ebbene in quella situazione ciò è impossibile, di certo non perché i napoletani ed in particolare i residenti di quel quartiere non siano accoglienti, o peggio ancora perché razzisti; una lettura del genere è quanto di più lontano ci possa essere dalla realtà.
L’accoglienza al Vasto è impossibile in quanto un numero enorme di esseri umani provenienti da paesi con culture ed abitudini di vita diverse dalle nostre stazionano in un’area che presenta condizioni economiche e sociali che rendono tecnicamente inattuabile l’integrazione anche di una minima parte di essi.
Le tensioni con i residenti sono quindi ascrivibili all’impossibilità di integrare quanti oggi vivono in condizioni di povertà spesso estreme, vagano senza meta per il quartiere, mendicano, in molti casi vengono attratti in quella zona grigia ai confini tra la legge ed il crimine.
Le tensioni religiose non c’entrano niente, e coloro che le vogliono a tutti i costi eleggere a fattore determinante della mancata integrazione sono in evidente malafede, oppure non sanno che a Napoli abbiamo sempre guardato addirittura con simpatia la presenza di portatori di diverse tradizioni religiose.
Risulta sbagliato e fuorviante anche ridurre tutta la vicenda ad un problema di ordine pubblico, come se bastasse una maggiore presenza delle forze di polizia per determinare d’incanto le condizioni affinché la necessaria integrazione produca anche il rispetto delle leggi e delle regole da parte di tutti.
La presenza delle donne e degli uomini in divisa è necessaria, su questo non si discute, e va anche rafforzata in quanto gli agenti della Polizia Locale sono stati lasciati da soli a gestire un campo di battaglia che ha prodotto nelle ultime settimane un numero altissimo di fermi, arresti, agenti feriti.
C’è bisogno però di altro, di un salto di qualità nella consapevolezza da parte di chi detiene le leve del potere politico.
Così non si può andare avanti, è necessario un intervento ai massimi livelli per determinare un cambio di rotta nella gestione del fenomeno migratorio e delle sue conseguenze territoriali.
Chiudere gli occhi e far finta di niente, come si è fatto fino ad adesso, determina soltanto un’accelerazione della non più infinita discesa verso la barbarie.
